Aveva la febbre della parola, Carlo Quartucci. Una parola-archivio, parola-atlante, forse già parola-camion o parola-zattera, proprio per ricordare due dei suoi progetti teatrali più diffusi e nomadi. Negli incontri e nelle interviste, Quartucci parlava una parola fuori dal tempo cronologico: parola precipitata, invece, in una narrazione delle vicende del teatro, di cui era stato protagonista, sempre in divenire, sempre nel suo farsi nuovamente presente al tempo dell’ascolto. Nessun passato del teatro come storia consolidata: il teatro poteva darsi per lui soltanto nelle forme del presente. Era il sogno di una scena aperta, senza confini né monumenti. Il sogno di un teatro immortale.
Lo abbiamo personalmente conosciuto e ospitato, noi del progetto Incommon, a Venezia, in occasione di un convegno nel 2018. Arrivò con Carla Tatò, il cane Moby Dick e due valigie pesanti e strapiene di materiali: libri, cataloghi, fotografie e chissà forse quant’altro. Fu divertente e impegnativo organizzare trasbordi e passaggi attraverso questa fragile città. Quelle valigie non erano una ostentazione, ma la rivendicazione della vita dei materiali. Come in teatro, ciò che l’occhio può registrare sùbito, la superficie, spesso è più eloquente di ogni contenuto. Perché i contenuti, come le storie, sono sempre provvisorî. Le superfici, invece, alimentano sogni. Che sono atti di fedeltà a occhi chiusi. In quel lungo incontro pubblico che gli dedicammo, ci ha insegnato almeno due cose sorprendenti: ricordando il suo sodalizio con Leo De Berardinis disse che «per recitare insieme occorre essere amici»; e aggiunse, con la memoria al Tamerlano di Marlowe, che è proprio questa amicizia la più vera ricchezza di ogni «impero fanciullo». È dunque l’amicizia condizione permanente del gioco scenico in quella «geografia stravolta» che è sempre il teatro, come lui lo chiamava: la cartografia di un viaggio percorso in continuazione. Perché, come per la vita e per la parola, Carlo Quartucci era un incurabile.
Gruppo Incommon – Marco Baravalle, Maria Grazia Berlangieri, Stefano Brilli, Ilenia Caleo, Giada Cipollone, Piersandra Di Matteo, Annalisa Sacchi e Stefano Tomassini